E’ un raduno particolare. Quasi ci vai solo perché, in un certo senso, DEVI. Quest’anno è la quindicesima edizione di un evento nato da una tua idea, anche se sai che praticamente da subito ha preso a camminare da sola (cioè con la spinta della sempre stupefacente macchina organizzativa del club). Poi ci vai perché l’amico skipper che ti ha fatto vivere tante belle emozioni solcando le onde del pacifico e del mediterraneo sul suo catamarano adesso ti chiede di ricambiargli il favore sulle onde dei fiumi. Dopo che hai passato ore ed ore durante la traversata oceanica a raccontargli della tua passione canoistica, adesso che ne è stato contagiato, come fai a tirarti indietro? Allora ci vai. Anche se a te il cuore non batte più così forte al solo vedere l’acqua di un torrente e cerchi di ritrovare negli sguardi degli altri quel “sacro fuoco” che un tempo bruciava anche dentro di te. Lo scorgi nel sorriso di una ragazzina che hai visto nascere, e che, la mattina presto, quando tu arrivi al luogo di ritrovo con gli occhi ancora impastati di sonno, ha già fatto una discesa del fiume con un livello da impensierire più d’uno ed è lì che si organizza per scenderlo ancora e quando saluti tutti per tornare a casa la sera, è ancora in acqua per l’ennesima discesa. Quello che segue è un guazzabuglio di emozioni: un po’ di invidia, perché vorresti tornare a sentire anche tu quella passione; un po’ di malinconia perché quel fiume lì, che hai disceso tante volte, con tutti i livelli possibili, a volte anche tardi, in fretta dopo il lavoro, arrivando alla fine con il buio, oppure sotto la pioggia, addirittura una vigilia di Natale con la neve, quel fiume oggi, con quel livello, non te la saresti sentita di scenderlo, dito infortunato a parte; un po’ di sollievo, perché questi due giorni sono stati ugualmente piacevoli, a conferma che l’adrenalina può non essere una componente imprescindibile della tua vita; un po’ di gratitudine nel vedere che un gruppo che ormai frequenti in pratica solo una volta all’anno, in occasione del raduno, ti accoglie comunque sempre con lo stesso calore e continua a chiamarti Zamby.
Poi una chiusura di giornata avvolta in un lunghissimo dejavù, le piccole code di rientro, passare dal club a scaricare la canoa, la roba maleodorante da lavare, la tenda da far asciugare, tutto sulla stanchezza di due giorni all’aria aperta. Allora ripensi a quello che scrivevi quando la passione era ancora ardente:
“ne vale la pena?, qualcuno ti chiede,
se dici di sì, però non ci crede,
ma a te cosa importa che dice la gente?
se dici di no, non capisci niente”
(Cliccare qui per l’intera filastrocca “Canoisti d’appennino”)