Un attimo che faccio una foto

persona che fotografa un paesaggioA volte mi domando cosa aggiungano le foto alle esperienze che viviamo.
Voglio dire: cosa aggiunge una foto a quel momento preciso in cui vedi o fai qualcosa che ti spinge a prendere fuori il cellulare, o la macchina, e scattare? Magari non aggiunge proprio niente. Forse, piuttosto, TOGLIE qualcosa. Toglie vita al presente, lo trasforma in passato già nell’attesa. Perché sei lì che vivi quell’istante e già pensi a quando sarà finito e potrai rivederlo o, molto più probabilmente, a quando potrai condividerlo, forse appena qualche secondo dopo averlo immortalato. E intanto il presente è già svanito. Senza neanche accorgertene lo hai imprigionato in una gabbia di pixel, hai già dato forma al ricordo che avrai di quel momento, e per far questo hai dimenticato di viverlo pienamente. Di fatto sembra che non viviamo più per fare delle esperienze, ma per creare i ricordi di quelle esperienze. E non guardiamo al futuro come esperienza da fare, quanto piuttosto come ricordo anticipato. Non sarà che il nostro io che ricorda sta prendendo il controllo dell’io che vive? Oppure è proprio il contrario? Il banale atto di prepararsi un piatto di spaghetti, che fino a qualche anno fa sarebbe stato a malapena degno dell’attenzione di chi lo compiva, assurge ora allo status di evento degno di nota, se postato nei social networks.
Sarà mica ora di sostituire il “Penso dunque sono” di cartesiana memoria con un bel “FOTOGRAFO DUNQUE SONO” (o, ancora peggio: “POSTO LA FOTO, DUNQUE SONO”)?

Dietro l’orizzonte

cielo notturnoI primi cieli azzurri dopo una lunga fila di giornate uggiose fanno quasi spavento. Sembra che i pensieri vadano a perdersi insieme allo sguardo, oltre l’orizzonte, fuori dal tuo personale deserto dei Tartari.

Così, pur non sapendo come, dove o quando, sei di nuovo lì a sognare di poter raggiungere quel non-so-che per il quale saresti disposta anche a rinunciare agli agi di una vita tranquilla, che si dipana su percorsi già conosciuti, con l’imprevisto ridotto al minimo. Che poi lo sai che l’orizzonte non si raggiunge mai, figurarsi superarlo. Ma già il solo pensare di andare a scovarli, i Tartari, invece di aspettarli arroccata nella fortezza, mi sembra un passo avanti.
“Life begins at the end of your comfort zone”, ha detto qualcuno. Sarà vero? Direi di sì, non posso negare di averlo ormai sperimentato più volte.  Solo che te ne accorgi davvero solo quando nella zona di comfort ci rientri e, a starci dentro, poi si fa l’abitudine…

L’arte di procrastinare

imageQuesta mattina ho deciso di smettere di rimandare. Ho scritto una lunga lista di cose da fare e che da troppo tempo vado procrastinando, alcune delle quali stanno diventando urgenti. Da vera professionista ho inserito anche una serie di attività meno pressanti e anche meno spiacevoli, nella CONSAPEVOLEZZA che, anche se sono in fondo alla lista, è da quelle che comincerò.
Ma mancava il tocco dell’artista, così mi sono messa al computer a scrivere questo post, assolutamente inutile e NON INCLUSO nella lista!