Lotteria Finale

TEMPO PATAGONICO

Con tutto quello che ti da, la Patagonia qualcosa in cambio ti chiede. Innanzitutto TEMPO. Che io ora non ho piu’. Cerco di comprarne un po’, prendendo per una volta un aereo invece che un bus. Ma il tempo non si lascia comprare. Il volo della LADE e’ cancellato, per apparenti motivi tecnici (di fatto perche’ eravamo solo due passeggeri). La compagnia cerca di liquidarci semplicemente restituendoci i soldi, ma non ci sono altri voli e i trasporti terrestri sono tutti pieni, oltre che eterni. Per fortuna l’altro passeggero e’ un simpatico avvocato argentino che s’impunta e ottiene che ci trovino una soluzione alternativa, anche se solo il giorno dopo. Cosi’, per cercare di guadagnare tempo, lo perdo! Non va cosi’ male in realta’, perche’ mi trovo spesata di tutto nel migliore hotel di Esquel (non crediate chissa’ cosa, ma dopo due settimane tra camping e rifugi, anche solo delle lenzuola e un bagno in camera mi sembrano un lusso sfrenato, per non parlare del poter usare un asciugamano che sia piu’ grande di un fazzoletto e che non debba poi riporre bagnato nello zaino!). Inoltre, l’avvocato e’ MOLTO simpatico… e qui lasciamo che i soliti maligni facciano le loro illazioni…
Il giorno dopo ci portano a Bariloche a prendere un volo per El Calfate. Come dire, andiamo da Bologna ad Aosta a prendere un aereo per Pantelleria! Tra ritardi vari, arriviamo che perdo il bus per El Chaltèn. Visto che neanche il TEMPO ATMOSFERICO si fa comprare, se continua a fare le bizze, come e’ la norma qui, temo di non riuscire a fare il trekking per cui sono venuta. Oggi e’ brutto. Piove/nevica, e’ freddo, la gente del posto dice che e’ arrivato l’inverno con grande anticipo. Ma resto ottimista e intanto riesco ad organizzarmi con i trasporti per recuparare un po’ del tempo perduto. Saluto il mio inaspettato compagno di viaggio, che dopo solo un giorno e mezzo ha gia’ deciso che sono la donna della sua vita, ma che prosegue per Ushuaia dove va a correre la maratona della fine del mondo. Io parto in direzione opposta, caricando nello zaino tanta SPERANZA sulla clemenza del tempo, cibo per qualche giorno, tutto quello che ho contro il FREDDO (e non e’ molto) e… una proposta di matrimonio (e’ vero, lo giuro!)

CHI L’HA VISTO

A El Chaltén ci vieni per camminare. O meglio, ci vieni per andare a VEDERE, camminando, due tra le montagne piu’ belle e piu’ difficili da scalare del mondo. In pratica ci vieni per giocare alla lotteria, i giorni come biglietti, piu’ ne hai piu’ hai la possibilita’ di arrivare a vedere almeno una, se non tutte e due, queste meraviglie “despejade” cioe’ libere da nubi. Io arrivo alle 11.00 di una notte di tregenda. Pioggia, freddo, vento patagonico (e il vento quasi smetto di raccontarvelo. Quando non lo dico, immaginatevelo sempre come sottofondo). Rinuncio a campeggiare e con me molti altri, per cui si stenta a trovare un posto al coperto. Quando finalmente metto la testa sul cuscino sono sfinita e non voglio neanche pensare a cosa faro’ se il tempo resta cosí. Visibilità a parte, non e’ proprio il caso di mettersi in cammino. Il giorno dopo invece e’ bello, solo qualche nube. Mi metto in marcia presto e quando arrivo al primo “mirador” gia’ posso godermi la bellissima vista del Fitz Roy quasi completamente libero, insieme al mio primo CONDOR, come ciliegina sulla torta. Proseguo fino all’accampamento, dove arrivo tra i primi e riesco a piantare la tenda in pole position, nell’unico posto con vista sul Fitz Roy. Adesso pero’ e’ coperto dalle nubi. Lascio comunque le mie cose e comincio la ripida salita fino al mirador piu’ vicino alla montagna. Quando arrivi in cima all’ultimo cucuzzolo, ti si apre davanti la vista dei maestosi ghiacciai che alimentano due laghi morenici poprio sotto alla montagna. Mi sento OTTIMISTA e, non so perche’, dichiaro ai pochi presenti che in questo viaggio “tengo suerte” e che vedremo di sicuro il Fitz Roy “despejado” entro mezz’ora. Tutti mi guardano con stupore e continuiamo ad aspettare. E ora come la racconto ai non montanari di voi l’emozione di stare qui, seduta sotto questa cattedrale di pietra, assieme ad altri “devoti” da tante parti del mondo, ciascuno avvolto nel proprio cilicio di vento, raccontandoci le nostre piccole storie, mentre aspettiamo che lo stesso vento sferzante che ci ruba fino all’ultima scintilla di calore spazzi via la nube che fa da cortina al Fitz Roy? Distogliamo lo sguardo solo quando un boato proveniente dal ghiacciaio ci annuncia lo spettacolo di qualche valanga di neve che precipita ad alimentare il lago sottostante. Dopo mezzora la nube e’ ancora li’ e anche dopo un’ora. Anzi, si abbassa e si fa neve sulle nostre teste. Ci mettiamo tutti sulla strada del ritorno, un po’ delusi. Ma io non perdo la “fede” e so che ho altre possibilita’.

MIRAMONTI

E’ il posto dove alloggio, la mia piccola tenda con finestrella sul FITZ ROY. La notte fa un freddo polare. (Scopriro’ poi che siamo scesi a -5, e in paese!). Non dormo quasi dal freddo. Alla prima luce faccio per alzarmi e guardo fuori. La cattedrale e’ la’, illuminata dai primi raggi di sole, quasi totalmente “despejada”. Scatto la prima foto da dentro la tenda. Una luce rossa mi avverte che la batteria sta per morire. Non puo’ essere! Era carica! Poi mi rendo conto che e’ colpa del freddo. MI fiondo fuori, scatto un’altra foto. E’ L’ULTIMA, la macchina si spegne e, lo confesso, un poco anch’io.

SUERTE!

Cerco di consolarmi. Le foto non sono importanti, sai quante ne trovo su internet di migliori. Non devo dimostrare di essere stata qui. L’importante e’ esserci e godermi questo panorama spettacolare, nella frizzante aria invernale della quale, lo confesso, avevo anche un po’ di nostalgia. Smonto il campo e proseguo verso la laguna Torre. Il freddo mi ha convinto a non pernottare là come previsto. Faró in un giorno quello che avrei fatto in due. Non e’ molto, anche con lo zaino in spalla. Guadagno un giorno e un’altra escursione. Quando arrivo al primo mirador sul Cerro Torre e’ gia’ una nuova emozione. C’e’ qualche nube, ma si vede tutto benissimo. I due pinnacoli di pietra rosata si stagliano in mezzo ai ghiacciai risplendenti, affiancati da una cornice di montagne innevate. Si vedono persino i famigerati “funghi” di ghiaccio che tanto fanno tremare i pochi temerari che riescono ad arrivare alla cima. La mano corre alla macchina fotografica. Una fitta allo stomaco mi avverte che questa volta la foto che NON VEDRETE MAI c’e DAVVERO! Ritento, comunque uno scatto si sente. Chissà, lo scopriro’ quando torno a El Calafate, dove ho lasciato il carica batterie, tanto in campeggio libero non mi sarebbe servito… Proseguo verso la laguna su un sentiero che non perde mai di vista la montagna. La cosa affascinante qui è che non siamo in alto eppure ti trovi di fronte a questi scenari dolomitici che ti si aprono davanti come su uno schermo. Cammino senza quasi sentire la fatica, fino a che il vento rinforza e comincia a ricacciarmi indietro, come a dire che la vista finale te la devi proprio guadagnare! Lo faccio, quasi cadendo per un paio di raffiche. La vista finale non te la godi per molto tempo, perchè non riesci a rimanere a lungo esposto a questo vento pazzesco. Quel poco, pero’, già basta. Ti chiedi come possano dei pazzi voler scalare quelle pareti verticali e gelate in queste condizioni atmosferiche (o peggiori!). Poi guardi di nuovo e senti che, sì, la capisci benissimo quella pazzia. Di ritorno mi infilo nel primo ostello in cui trovo posto. Dei simpatici argentini mi raccontano che hanno aspettato una settimana senza vedere niente e proprio oggi se ne sono andati per tutt’altra escursione! Mi chiedono subito di vedere le foto. Quando gli racconto della batteria mi guardano con compassione. Qué mala suerte! Credete davvero? Io, per me, la lotteria l’ho gia’ vinta!

CLIC

“Finisce così, questa favola breve se ne va. Il disco fa clic, e vedete fra un po’ si fermerà…”
I miei coetanei si ricorderanno delle fiabe sonore dei Fratelli Fabbri Editori. Si concludevano tutte con questa canzone. Il mio disco adesso ha fatto clic. Ancora qualche giro per tornare a Mendoza a prendere le mie cose e salutare gli amici e poi si fermerà (qualche migliaglio di chilomerti, roba da ridere in scala argentina). Ma non importa, perchè la canzone continua: “ma non ve ne andate e un’altra ne avrete…” e questo per me e’ solo il primo disco della collezione! Fra poco finisco di tediarvi. Con alcuni di voi mi vedro’ presto, con altri spero di continuare a sentirmi per e-mail. Ringrazio quelli che hanno espresso il loro gradimento per le mie piccole cronache. E, no, non penso proprio che ci sia materiale per un libro, ma ho visto che scrivere mi diverte, e chissà che in un altro viaggio…
Ringrazio fratelli e sorella per essersi occupati anche in mia vece di molte incombenze familiari, permettendomi di vivere questa esperienza senza troppi sensi di colpa. Grazie anche a tutti i fantastici ragazzi di SER_O, del rancho e dintorni per avermi accolto come in famiglia. So di aver ricambiato abbondantemente l’ospitalita’, ma grazie lo stesso. Infine grazie per l’ospitalita’ anche a Michele di Rios Andinos, ma soprattutto grazie per avermi aperto, seppur involontariamente, la porta di una bellissima avventura

Baci a tutti.
Hasta luego Argentina
Hasta pronto Italia! <<Articolo precedente

Pensieri al Dulce de Leche

Questa parte e’ molto “personale”. Me ne sono accorta dopo averla scritta. Ad alcuni potra’ non interessare. L’ho lasciata per la pigrizia di non stare a selezionare solo i destinatari della mia allargata famiglia e perche’ in fondo non c’e’ nulla di cui vergognarsi. Per fortuna, come dice Pennac, ci si puo’ sempre avvalere del diritto di NON LEGGERE TUTTO… a voi la scelta!

DULCE DE LECHE

Nel caso qualcuno non lo conosca, il dulce de leche e’ un caramello molto denso fatto a base di latte vanigliato e zucchero. Gli argentini lo considerano una loro invenzione ed e’ onnipresente, quasi quanto il mate. Direi che e’ un po’ come la nostra nutella. Non esiste qualcosa che non venga prodotto nella varieta’ al gusto dulce de leche. Non lo amo particolarmente, ma appena ho visto il primo vasetto l’ho comprato. Sul vasetto non c’era scritto MAMMA, ma mi pareva di aver letto cosi’. Non so perche’, il dulce de leche, piu’ di tante altre cose, mi ricorda mia madre, che in questo viaggio mi sta mancando moltissimo. Lei adorava il caramello e mi raccontava di come non fosse neanche lontanamente paragonabile al DULCE DE LECHE. Non so se fosse un ricordo del Brasile (le sorelle me lo sapranno dire) o del viaggio di rientro dal Brasile (Portogallo, Spagna?). Di fatto me ne parlava come di un nettare degli dei. Veniva a casa mia e le facevo trovare del budino al creme caramel, che spariva in due secondi. Quando l’ho visto sul ripiano del supermecato ho subito pensato: adesso chiamo mamma e glielo dico! E tante altre volte avrei voluto sollevare la cornetta e poterle raccontare, io che mai la chiamavo per dirle come stavo. Vorrei dirle che qua le piacerebbe moltissimo. Che la gente e’ cordiale e socievole come lei e che se sono capace io di fare amicizia così in fretta, in un viaggio così lei conoscerebbe gia’ un milione di persone. Vorrei alzare il telefono adesso, chiamarla e sentire la sua voce e dirle che SONO FELICE, perche’ so che sono queste le parole che piu’ di ogni altre avrebbe voluto sentirmi dire.

E POI…

e avrei tanto altro ancora, ma non voglio annoiare, il tempo che mi resta e’ ormai poco (AAAAAAAAAAAAARGH!) e devo organizzarmi per l’ultimo tratta del viaggio. Chissa’ stasera, quando avro’ finito di preparare tutto, torno qua e butto giu’ altre due righe (e’ una minaccia!) <<Articolo precedente

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Mi metto in viaggio

IL SOGNO DI VIAGGIARE

La parentesi e’ finita. Dopo piu’ di due mesi da stanziale, seppure a migliaia di chilometri da casa (ma casa non so piu’ dov’e’!), ho cominciato il VIAGGIO vero. I segnali che ormai fosse ora di muoversi c’erano tutti, fino all’ultimo violento temporale che ha completamente inondato la mia tenda e bagnato tutte le mie cose, poche ora prima di partire…!
Parto con un po’ di ansia, come sempre, che sparisce alla prima conversazione multilingue e multiculturale tipica degli ostelli. E mi ricordo che questa e’ una delle cose che mi piace del viaggiare: la gente che incontro, lo scambio di esperienze, il confronto di motivazioni e obiettivi, ciascuno diverso, pero’ tutti sempre colti in un momento in cui stanno facendo la cosa che gli piace, alcuni addirittura realizzando il sogno della loro vita. Gente “bella dentro” per lo piu’, che a volte mi sento di invidiare, io che qui ci sono finita quasi per caso, senza piani, senza scopi, senza aspettative, senza un sogno, ma ora con la sensazione di stare vivendo in un SOGNO…

PICCOLO MONDO DI FIUME

Quando parto verso il sud ognuno ha darmi un nome o un indirizzo nel caso io voglia andare in canoa da qualche parte. Pero’ la mia intenzione non e’ quella e non mi porto neanche l’attrezzatura (ho gia’ venduto pagaia, paraspruzzi e giacca d’acqua). Il mondo del fiume pero’ e’ piccolo e dove ci sono montagne ci sono fiumi e dove ci sono fiumi ci sono canoisti o scuole di rafting. Cosi’ capita che all’ostello dove mi fermo incontri delle guide che avevo gia’ conosciuto a Mendoza! Ora vivono e lavorano qui. Mi invitano a scendere il fiume con loro. Il giorno dopo per strada mi ferma un ragazzo, perche’ vede che ho la maglietta di Rios Andinos e mi chiede se ho lavorato la’. Scopro che e’ un amico dei ragazzi di SER_O e ha un centro rafting qui, anche lui mi invita. Non accetto gli inviti. Amici canoisti, perdonatemi, ma ora preferisco proseguire verso altre mete. Pero’ che bello, sono gia’ a piu’ di 400 km da Mendoza e incontro gente che conosco. Sento proprio di fare parte di una comunita’!

LA FOTO CHE NON VEDRETE MAI

E’ quella che sta dietro a tutte le foto che continuo a scattare. La foto di cio’ che non potro’ mai catturare veramente. La foto della vastita’ di questi luoghi. Non esiste modalita’ panoramica o filmato a 360 gradi che riesca a rendere la sensazione incredibile che si prova, abituati come siamo agli spazi “ristretti”. Sei nel mezzo di una pianura e ti guardi intorno, convinta che le montagne siano li’ a due passi, tanto sono grandi, ma poi cominci a macinare chilometri e non arrivi mai. Sei in mezzo al niente in un campo infinito di lava nera e liscia che sembra asfalto, circondata da vulcani a perdita di occhio, in lontananza le vette bianche delle Ande, ti manca il fiato e scatti foto, ancora e ancora, ma quando torni la sera all’ostello e le rivedi ti accorgi che non e’ quello il posto dove sei stata. Non c’e’ foto che riveli il colore di questo cielo, la nitidezza, l’immensita’, la magia che pervade anche un piccolo villaggio che non ha nulla di speciale, ma dal quale fai fatica a partire verso altre mete e solo lo fai perche’ sai che sara’ cosi’ di nuovo anche altrove.

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