Piadina senza rimpianti

piadinaReduce da un malanno prolungato, finalmente riesco a godermi una bella giornata in cui la primavera in tutto il suo splendore strizza già l’occhiolino all’estate. Mi prendo la solita pausa dal lavoro per andare a nuotare. Raggiungo la piscina in bicicletta, sfruttando tutti i possibili tratti di uno dei tormentati e anche un po’ illusori percorsi ciclabili che l’amministrazione bolognese ogni tanto dipinge sui marciapiedi, più come dichiarazione d’intenti che altro. Sono solo 5 chilometri, quel tanto che basta ad arrivare accaldata al punto giusto da rendere gradevole e rinfrescante il momento dell’ingresso in vasca, al posto del solito fastidioso brivido che sai di dover superare per poterti abbandonare all’abbraccio dell’acqua.
Dopo il nuoto mi concedo i miei primi venti minuti della stagione distesa sul lettino, al sole. Giusto il tempo per asciugarmi, mentre lo stomaco mi segnala che sono le 14 e che è a digiuno dalla colazione e non ha nessuna voglia di affrontare i 5 chilometri di pedalata del ritorno in queste condizioni. Lo accontento con una una sosta al chiosco fuori della piscina per una piadina con stracchino e rucola.

Qualcuno si ricorda ancora de “La prima sorsata di birra e altri piaceri della vita?” E’ un libricino di racconti in cui l’autore, Philippe Delem, descrive gli istanti preziosi, brevi e fugaci, in cui si può afferrare al volo la felicità. A volte mi accorgo che ne sto vivendo uno e sento che potrei aggiungere un mio capitolo a quella raccolta.

Il titolo è quello del post. La piadina è la porzione esatta per calmarmi la fame senza appesantirmi. E’ croccante e morbida allo stesso tempo, calda fuori e fresca dentro. Sarà merito dello stracchino che la sposa con freschezza voluttuosa e le da sapore facendone propria la sostanza. L’amaro croccante delle foglie di rucola, quando finiscono a sorpresa sotto i denti, sembra esattamente quello che mancava a completare la girandola gustativa. Un boccone tira l’altro, ma senza fretta, mentre mi immergo nella lettura di un interessante articolo sulla funzione del rimpianto. Secondo l’autrice, nella società moderna, specialmente quella americana, il rimpianto sarebbe troppo demonizzato, un male da sconfiggere, quasi equiparato ad una patologia, mentre, a suo parere, ne andrebbe rivalutata la funzione. Penso di essere d’accordo, ma in ogni caso è un ottimo spunto di riflessione. In questo momento, però, non riesco proprio a rimpiangere niente. Ogni minuto della mia pausa è stato perfetto, la giusta dose di movimento, per compensare le ore di scrivania, e di relax. L’aria, l’acqua, il sole, la lettura coinvolgente e questa piadina PERFETTA, di cui, senza alcun rimpianto, ingoio l’ultimo boccone.

PS Se non conoscete “La prima sorsata di birra” dovete assolutamente leggere almeno il racconto che da il titolo al libro. Fa venire voglia di birra anche a me che la detesto! Cliccare qui per scaricare il pdf

Peggio del naufragio

Chissà se esiste ancora qualcuno che tiene un brevario sul comodino. Sul mio ce n’è sempre uno, non nel senso liturgico naturalmente. Si tratta del “Il sistema periodico” di Primo Levi. Per tutte le volte che ne ho letti e riletti i racconti, dovrei conoscerlo a memoria. Invece è incredibile come ogni volta io ci trovi qualcosa di nuovo, che mi era sfuggito, o semplicemente, ritrovi un concetto che avevo letto, assimilato, apparentemente dimenticato, e a rileggerlo mi colpisca come assolutamente calzante a descrivere uno stato d’animo, nel suo ineguagliabile stile pulito ed essenziale. Probabilmente capita come con l’oroscopo: non importa quando o cosa si legga, sembra sempre calzante. Quindi riterrò un puro caso il fatto di avere aperto il mio breviario ieri proprio sul racconto dedicato all’Argento e avervi riscoperto questa frase:

    […] ed era un inerte, non un naufrago: è naufrago chi parte ed affonda, chi si propone una meta, non la raggiunge e ne soffre; […]

Era tutta lì, descritta in poche parole, la paura, che mi aveva assalito il giorno prima, di essere nuovamente caduta in uno stato di inerzia. Passeggiavo lungo le sponde di un laghetto dell’Appennino, risplendente sotto i raggi del sole appena sorto, e mi sembrava la Patagonia.

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Non sarà la Patagonia…

Il fatto di essere a un’ora di macchina da casa, di non esserci arrivata con la fatica delle mie gambe, di sapere che la sera avrei di nuovo comodamente dormito nel mio  letto, non lo rendeva per questo meno bello o emozionante.
Ho pensato che non è poi necessario andar lontano per arrivare a provare certe sensazioni e subito dopo ho capito che l’inerzia stava prendendo il soppravvento, trovando le scuse adatte a giustificare la mia attuale immobilità. Niente di nuovo. Ma ci voleva Primo Levi a far suonare il campanello di allarme.

Un link al libro in Pdf

La frase perfetta

La incontri leggendo o ascoltando una canzone. A volte te l’aspetti, per quello che la precede, altre volte ti sorprende e per questo ti colpisce ancora di più.
E’ quella frase che riesce a dare forma perfetta a un pensiero che avevi da tanto, ma non eri riuscita a elaborare in modo così compiuto, con grazia, forza, equilibrio, essenzialità. E’ talmente calzante che appena la leggi diventa tua, non riesci a immaginare di avere mai concepito quel pensiero in forma diversa, né potrai più farlo d’ora in avanti. Ti penetra dentro al punto che col passare del tempo non sei più così sicura che non sia effettivamente una tua creazione. Chissà che a volte non nascano così dei plagi involontari. Perché di certo non ci si può ricordare di tutte parole lette e tutte le canzoni ascoltate.

Gli esempi che potrei fare sono numerosi, ma ovviamente adesso non me ne torna in mente quasi nessuno.

tazza con frase di ThoreauCi sono “le vite di tranquilla disperazione” che secondo H.D. Thoreu molti uomini conducono. Una frase che ho assimilato tramite K. Vonnegut ed è una delle espressioni che meglio descriveva come mi sentivo all’epoca. Ancora oggi però secondo me resta un esempio di come con due parole si possa descrivere un complesso stato dell’anima umana.

Poi ci sono i “volti scompigliati di vento e di sole” che quasi certamente ho letto da qualche parte (in Lila, di Pirsig, o ne Il cerchio celtico, di Bjorn Larsson?), ma che ho l’impressione di aver coniato io per descrivere le facce di tanti navigatori che ho incontrato.

Appena chiuderò il post di sicuro riaffioreranno tutte le citazioni che ora non trovo.
Poco importa. Sono solo curiosa di sapere se capita anche a voi.

Post 20 di 30 – only ten to go!