Cronache Capovolte – La capriola

VACANZA

Passato Iguazu’ mi resta ancora qualche giorno prima di rientrare in Italia. Esistono svariate opzioni, ma io sono un po’ stanca di GIRARE. Dopo aver percorso 14.000 km ( di cui solo 2500 in aereo), per un totale di 170 ore di pullman, comprese 8 notti, e dopo aver dormito in 5 case di amici , 11 ostelli , 5 campeggi, e non so quanti “accampamenti” liberi, sara’ normale che io abbia voglia di fermarmi e prendermi “una vacanza dalla vacanza”? Per questo mi fermo a Colon, tranquilla localita’ balneare sul Rio Uruguay, nella “Mesopotamia” argentina, come chiamano questa regione, qualche centinaio di km a nord di Buenos Aires. Colon e’ talmente fuori dal circuito turistico internazionale che quando qualcuno scopre che sono italiana immancabilmente mi chiede come sono finita qui, prima di proseguire con il consueto “come fai di cognome, i miei nonni (o genitori, bisnonni, zii, amici, conoscenti, ecc) sono di origne italiana! E vai di chiacchere sull’Italia, l’Europa, l’euro, quando il peso era uno a uno con il dollaro, la moda, il calcio, Maradona, Berlusconi, e via dicendo… Intorno a Colon ci sarebbe qualcosa da visitare, ma basta cosi’, divento stanziale. Corro, nuoto, pagaio, faccio vita di spiaggia, proprio come al mare. Noleggio un kayak e attraverso il braccio di fiume di circa un km e mezzo che mi separa dall’isoletta che nasconde alla vista l’altra sponda, su lato uruguayano. Comincio a fare il giro dell’isola. Alla mia sinistra la costa uruguayana, quasi mi viene la voglia di attraversare anche questo braccio di fiume, ma mi trattengo perche’ la terra sembra lontana, l’imbarcazione non e’ esattamente in buono stato, la pagaia e’ pessima, si sta alzando il vento e non vorrei di nuovo mettermi nei guai. Basta avventure! Nel lato opposto non incontro nessuno, pagaio e pagaio, con un sottile senso di ansia perche’ che non ne conosco l’estensione. Pero’ mi godo la strana calma di questo “mare” senza odore di mare, che mi fa sentire piccolissima al pensiero che in realta’ e’ un fiume. Approdo in una spiaggetta incastonata in mezzo alla vegetazione rigogliosa, la sabbia e’ bianca, l’acqua e’ limpida e tiepida, l’isola e’ un po’ piu’ lunga del previsto, cosi’ finisco col tornare che il noleggiatore gia’ ha cominciato a preoccuparsi! (i bagnini, tanto per cambiare, li metto alla prova il giorno dopo, nuotando fuori dalle boe che circoscrivono l’area vigilata!

QUEL CHE LASCIO

Ci siamo, sta per finire. Anche se sono stanca di girare, non per questo mi sento pronta a fare la CAPRIOLA che mi riportera’ a testa in su, alla vita “normale”. Si’, perche’ non saranno laghi, fiumi, montagne e spazi sconfinati quello di cui sentiro’ la mancanza. Il trauma, gia’ lo so, sta nella differenza delle piccole cose, le situazioni, lo stile di vita, le abitudini difficili da abbandonare o da riprendere, qualcuna, spero, da portare con me. Un breve elenco incompleto, sprando che renda l’idea.
ESTATE
La’ fa ancora feddo, lo so, vi spio attraverso internet. Qualcuno mi ha gia’ invitato a sciare! Piu’ che l’estate torrida del primo mese a Cordova o di questi ultimi giorni, mi manchera’ la fresca, soleggiata, limpida estate patagonica con le sue LUNGHISSIME giornate dalla temperatura perfetta per camminare e magari farci entrare un tuffetto nell’acqua gelata di qualche laghetto di montagna. Lo sapevo gia’, ma ne ho avuto la conferma: il bello dell’estate non e’ tanto la temperatura, quanto LA LUCE!
FRUGALITA’
Giri con due cambi di vestiti: uno lo metti, l’altro lo lavi. Se non riesci lo metti lo stesso. La pulizia non e’ esattamente l’ossessione del mochilero e tantomento del trekker! L’aspetto esteriore cessa di essere una preouccupazione, complici anche le poche occasioni di specchiarsi per intero. Una vera LIBERAZIONE.
AUTOMOBILE
E dopo tre mesi, chi ha voglia di tornare a guidare? Anche perche’ questo comporta l’uso di CHIAVI. Qui non mi servono. Non le uso per la tenda, ovvio, ne’ in ostello. Al massimo metto un lucchetto all’armadietto, ma funziona a combinazione.
DISORDINE
E’ la mi bestia nera. Qui, finalmente, sconfitta! Le cose sono poche, lo spazio ancora meno. Diventa quasi impossibile essere disordinati. Il “fuori posto” non ha senso quando i posti sono solo due: dentro o furoi dello zaino! Anche se ammetto che esitono zaini e tende piu’ ordinati o meno (io sto sul meno, e’ chiaro).
CARTA IGIENICA
Non devi pensare alle chiavi, ma alla carta igienica si’! E’ difficle trovarla nei bagni di campeggi o ostelli. La cosa buffa (ma forse ve l’ho gia’ raccontato?) e’ che una volta usata NON DEVI buttarla nel WC, come non manca di ricordarti l’immancabile cartello sulla porta del bagno, ma nel cestino. L’hanno scorso ho continuato a farlo anche in Italia per almeno una settimana!
LIBRI
Ovvio che si legga molto nei lunghi spostamenti in bus o nelle attese alla Terminal. Ma poi i libri dove li metti? Fanno peso e occupano spazio (alzi la mano chi non ha questo problema a casa). E allor FINALMENTE, ti liberi della insensata, ma radicata, quasi ANCESTRALE esigenza di conservare tutti i libri che leggi. Quando hai finito, lo regali o piu’ spesso, lo cambi con uno dei libri che altri viaggiatori hanno lasciato nell’apposito spazio di cui gli ostelli sono provvisti. Ti basta un libro iniziale per provvedere a tutto il viaggio (o quasi, perche’ nei campeggi non funziona). Certo, la scelta e’ ristretta e ti trovi a leggere cose che non avresti mai pensato, a volte, pero’, restando piacevolmente sorpresa. Con la possibilita’ di scegliere tra quattro lingue diverse, per me il sistema e’ perfetto! (ho trovato solo un libro in italiano ed era una guida turistica). So che c’è una maggioranza bibliofila tra voi, e capisco che sia difficilissimo da comprendere e che forse bisogna esserci costretti. Ma poi vi assicuro che e’ UNA LIBERAZIONE! Rispetto alla biblioteca c’e’ il vantaggio che non devi andare a restituire niente. Non sarebbe bellissimo fare cosi’ nei bar ad esempio? Sono sicura che DEVONO gia’ esserci dei posti dove lo fanno.
CUADRAS
Del mio senso dell’orientamento sapete gia’. Per questo le citta’ argentine sono PERFETTE per una come me. Quasi tutte rigorosamente organizzate a scacchiera Nord-sud. A ogni incrocio due cartelli che indicano le due rispettive strade che si intersecano, spesso con l’indicazione dei punti cardinali, e sempre con l’indicazione dei numeri civici compresi in quella CUADRA cioe’ nella distanza tra due strade (la numerazione parte sempre dal punto centrale della citta’). E’ quasi impossibile perdersi (ammetto che una volta ci sono riuscita lo stesso!). Dare indicazioni e comprenderle e’ facilissimo: “diritto per due cuadra e poi una cuadra a sinistra”; oppure: ci troviamo in San Martin, tra Colon e Sarmiento. Una particolarita’: i nomi delle strade e piazze in tutte le citta’ sono di una monotonia pazzesca, sempre gli stessi. Vuoi mettere con la fantasia di un “Via vittime dei lager nazisti”? Una CUADRA sono intorno ai cento metri, cosi’ se ti dicono che un posto e’ a 5 cuadra da dove sei, puoi gia’ regolarti sulla distanza da percorrere. La domanda sorge spontanea: ma come fanno gli argentini a orientarsi quando vengono da noi?

E poi ancora il MATE (che bevo anche in Italia, ma da soli non e’ la stessa cosa) il SALUTO cordiale, l’attaccare bottone con CHIUNQUE, il miscuglio di LINGUE, la collezione di indirizzi di AMICI sparsi per il mondo, le TERMINAL e, soprattutto, VOI. Cioe’ gli amici che mi leggono, ma anche i lettori che non conosco e che si sono andati aggregando alla mailing list con il passaparola. Ci ho preso gusto, e’ la verita’. E non e’ che non ci sarebbe da scrivere anche su una semplice giornata sulla neve, “ciaspolando” verso cima Tauffi (per i non emiliani, parlo dell’appennino tosco emiliano, le ciaspole le racchette da neve) o su una divertente discesa in canoa sulle acque dell’Isonzo sloveno che non hanno nulla da invidiare a quelle dei torrenti patagonici. Qualcuno di voi in effetti mi ha scritto raccontando le emozione di un particolari situazioni, stimolato dalle mie cronache. Potrei continuare a farlo… TRANQUILLI, non e’ una minaccia: mi sembra quasi diventata una caratteristica intrinseca del viaggio che perderebbe il suo senso una volta tornata a casa. Sia quel che sia. Grazie per l’attenzione. Per fortuna di quelli che cestinano senza neanche leggere non vengo a saperlo. Quindi mi resta la soddisfazione delle risposte e dei commenti di tanti. Accetto il rimprovero di non aver aperto un blog, non sto a spiegarvi perche’, ma non no ne avevo voglia. Ha smesso di piovere. Vado a controllare lo stato della mia tenda e a godermi le ultime ore di spiaggia. Ho aggiornato la pagina flickr. con le ultime foto. La Garganta, sfortunatamente era troppo BAGNATA per fotografarla da vicino, ma sono sicura che cercando sul web si trovano centinaia di foto degne del posto. Baci a tutti e HASTA PRONTO!

<<Articolo precedente

Valid XHTML 1.0 Transitional

Cronache Capovolte VII

ACQUA

Di nuovo nella regione dei laghi, Bariloche e dintorni, quella dell’indigestione di paesaggi. L’ubriacatura si ripete ed io vorrei evitare di farlo, quindi immaginatevi la solita collezione di laghi, cime innevate, fiumi ecc. (vento, e’ovvio!) e una temperatura perfetta per camminare. Non potrei davvero chiedere di piu’. Invece le mie GINOCCHIA avrebbero potuto chiedere di sottoporle a un po’ meno discese per lunghe pietraie scoscese con lo zaino in spalla. Pero’ non lo hanno fatto, hanno preferito sopportare e cominciare a lamentarsi dopo (a una settimana di distanza ancora non hanno ancora smesso!) Al terzo giorno di cammino, Martin, uno dei miei compagni occasionali di percorso, tra una lamentela per il mio ritmo troppo veloce e una battuta sul merito attribuibile ai miei scarponi in goretex, mi fa notare che pero’ ogni tanto rallento, senza apparente motivo. Passa qualche ora e mi dice: “ho capito, rallenti sempre in prossimita’ del torrente! Cominci a guardare l’acqua e devi per forza rallentare per non inciampare sui tui passi”. Martin non scopre niente di nuovo, ma ha ragione. Che sia di mare, lago, fiume, l’ACQUA in tutte le sue forme da sempre esercita su di me un’attrazione irresistibile. Devo essere stata un pesce in qualche vita precedente… E’ cosi’ che, alla fine del trekking, sulla scorta di questa riflessione, ascolto il consiglio di tanti altri viaggiatori (e le preghiere delle mie ginocchia): lascio la Patagonia e vado la’ dove pare che l’acqua si manifesti piu’che altrove in tutta la sua magnificenza: LE CASCATE DI IGUAZU’ (quasi 3000 km, che vuoi che sia…? non stupitevi se al rientro vi propongo di andare a prendere il caffe’ a Oslo). Le cascate di Iguazu’, a cavallo tra Argentina e Brasile, non sono ne’ le piu’ alte, ne’ le piu’ lunghe, ne’ le piu’ potenti cascate del mondo. A detta della mia amata Rough Guide, semplicemente sono le piu’ SPETTACOLARI. Non posso confermare, perche` non ne ho viste altre di tal genere, ma la Rough Guide ha sempre RAGIONE. L’immagine d’insieme e’ di per se’ abbacinante. Un ben organizzato sistema di passerelle ci porta a camminare su livelli diversi tra le varie cascate, contornati da una lussureggiante vegetazione subtropicale. E’ tutto bellissimo, ma… insomma, voglio dire, si´ bello, grandioso, pero’ una delle meraviglie del mondo…? non saprei. Certo il giro in gommone a motore che risale il fiume per rapide fino al terzo grado e ti porta a prendere secchiate di acqua vicino a qualcuna delle cascate ha il suo perche’ di emozione, pero’… La mia compagna di viaggio mi guarda come se fossi incontentabile. Non so cos’e`. Forse la massa di turisti che si affaccia sui balconi con vista sulle cascate? Apprezzo il tutto, ma mi sento un po’ delusa, anche se, devo dire mi aspettavo che succedesse. Pero’ ci pensa la GARGANTA DEL DIABLO a ingoiare la mia delusione e a risputarmela addosso con tutta la sua forza, in una doccia che comincia gia’ a qualche centinaio di metri dalla cascata piu’ grande. Il nome gia’ dice tutto. Quasi 2000 mc di acqua al secondo precipitano lungo un semicerchio di piu’ di 3 km nel canyon sottostante con un salto di 70 metri. La passerella ti porta proprio sul bordo. Lo spettacolo e’ mozzafiato. Le parole se l’e` ingoiate la GARGANTA insieme alla delusione. Rimarrei ore a fissare tutta quell’acqua che poco prima era un placido fiume di pianura e all’improvviso precipita in un calderone di spuma ribollente. Non mi importa se la Garganta continua a prendermi a secchiate. Fa caldo. Non importa se all’improvviso si alza un vento di tempesta e comincia un acquazzone tropicale, siamo gia` tutti bagnati! La pioggia, il vento, l’acqua dalla cascata, l’odore di fiume, di terra, l’acqua tranquilla sopra, indiavolata sotto, ACQUA OVUNQUE, ma fa caldo, si sta bene, si sta benissimo, STO BENISSIMO! Non mi staccherei piu’ da questo spettacolo. Pero’ dobbiamo andare. Abbiamo lasciato la Garganta per ultimo (e consiglio a tutti di fare cosi’ ), ma si e’ fatto tardi e rischiamo di perdere l’ultimo bus. Domani ho mezza giornata prima di partire… so gia’ cosa faro’, il secondo giorno l’ingresso al parco costa la meta’!

<<Articolo precedente

Articolo successivo >>

Valid XHTML 1.0 Transitional

Cronache Capovolte VI

Prima di iniziare con le cronache, ringrazio i numerosi di voi che hanno espresso sincera partecipazione (o preoccupazione!) alla mie avventure di piccola esploratrice allo sbaraglio. Ho come il sospetto che per il compleanno rischio di ricevere in regalo una collezione di bussole. Perio’ astenetevi, non sareste orginali e magari nel frattempo mi saro’ comprata un GPS!

VENTO

Lo so, ve l’ho gia’ raccontato, ma non mi stanco di farlo, così come lui non si stanca di soffiare, in questa parte del mondo. In Alsaka c’erano gli orsi e gli insetti a ricordarti che non eri morta e finita in paradiso, qui c’e’ il VENTO (e per questo non ci sono gli insetti, mi dicono. Gli orsi, non saprei, forse non gli piace avere sempre il pelo arruffato?). Pensavo di aver gia’ sperimentato tutta la sua forza e insistenza lo scorso anno al Cerro Torre o una settimana fa nella Tierra del Fuego, finche’ non sono arrivata a Torres del Paine, nella Patagonia cilena, la madre di tutti i venti, l’antro stesso di Eolo. Se volete fare indigestione di vento e’ qui che dovete venire. Lo sai ancora prima di arrivare; lo leggi nella guida; te lo dicono quelli che sono appena tornati; ne senti tanto parlare che quasi ti immagini di esserti gia’ abituata, ma non e’ così. Il vento qui a volte soffia, ma per lo più COLPISCE, spinge, strattona, martella, rimbomba, assordandoti. Cammini e non sai se quello che senti e’ il rumore di un torrente impetuoso che scorre nella gola sottostante oppure il vento. Probabilmente sono entrambi, ma il primo e’ coperto dal frastuono del vento tra le fronde. Sei di fronte ad una vista spettacolare: boschi che si affacciano su laghi glaciali immensi; ghiacciai di colore azzurro intenso che vanno snocciolando in acqua piccole montagne di ghiaccio galleggiante (che suona piu’ pittoresco di “iceberg”, no?), oppure ti trovi davanti a pareti verticali di roccia che si ergono maestose dal niente, imponendosi all’ammirazione anche del meno impressionabile dei visitatori, insomma, arrivi in posti dove ti fermeresti per ore a bere con gli occhi tutta la bellezza di cui e’ capace la natura, ma non resisti piu’ di tanto e ben presto ti infili di nuovo nel sentiero, cercando il seppur scarso riparo che il bosco puo’ offrirti. E il bello e’ che io non sono neppure stata nella parte piu’ esposta del parco! Montare la tenda da sola a volte e’ un’acrobazia a cui mi abituo in fretta. La sera cucino qualcosa sul precario fornellino, accovacciata in un angolo dell’affollato riparo di cui quasi tutte le aree autorizzate per il campeggio sono opportunamente dotate. Poi mi infilo in tenda. E’ ancora presto e c’e’ luce fino a tardi. E’ vero che sono stanca per il lungo cammino, ma e’ soprattuto che ho voglia di CHIUDERE FUORI il vento. Cercando qualcosa nella mochila (zaino, scusate, mi e’ uscito così e, da brava mochilera, lo lascio) scopro che il lettore MP3 e’ miracolosamente sfuggito alla mia frenetica caccia al peso superfluo prima di iniziare il trekking. Felice per la scoperta, mi infilo le cuffiette e finlamente mi abbandono ad una colonna sonora diversa dal sibilo perpetuo del vento. Avvolta nel confrotevole abbraccio di un buon sacco a pelo caldo (anche troppo, c’e’ vento, ma non fa tanto freddo) ripercorro le immagini della giornata impresse nella memoria. Rivivo la gioia di scoprire una prospettiva differente dietro ad ogni curva del sentiero lungo il lago, o di vedere apparire nuovi scenari arrivando in cima ad ogni maledetta, faticosa salita. Sono fortunata, c’e’ il sole quasi tutto il tempo e per ora e’ piovuto solo di notte, a tenda gia’ montata. In certi momenti penso davvero che questo potrebbe essere il paradiso… se solo dio non si fosse dimenticato il ventilatore acceso sul massimo!

NEL TEMPIO

Scherzando ho tirato in ballo dio. Che non lo so se c’e’ o non c’e, ne’ voglio mettermi a disquisirne ora. Certo non penso sia un caso che alcuni concetti saltino fuori in situazioni come questa. Non e’ solo che hai tempo per pensare. Di quello ne hai a iosa durante i lunghi spostamenti in bus, ma non e’ la stessa cosa. Forse e’ che qui cammini portandoti in spalla per giorni l’enorme peso del minimo indispensabile per provvedere ai tui bisogni, concentrata solo nella fatica e nella bellezza dei posti, lontana da ogni pensiero accessorio. Come dire che, mentre eserciti a pieno tutta la fisicita’ del vivere, senti che la spiritualita’ ve prendendo il sopravvento. Poco prima di partire si parlava piu’ o meno di queste cose con mia cognata e lei mi ha detto qualcosa che sembrava avere questo senso: che prima o poi tutti andiamo trovando la nostra dimensione spirituale, ciascuno cercandola a nostro modo e trovandola in “posti” differenti e che forse questa e’ la ragione dell’attrattiva che certi luoghi o certe esperienze esercitano su di me. Non so bene se e’ davvero questo che intendesse, ma di certo e’ quello che mi sembra di sentire ora. Non sono religiosa, ma potrei dire che qua in mezzo mi sento come in un TEMPIO. Forse non a caso l’anno scorso parlavo del Fitz Roy come di una cattedrale e degli escursionisti come devoti. E’ questo che siamo? In adorazione, o in cerca di cosa veniamo? Come si puo’ non riflettere sul senso di tutte le cose di fronte allo spettacolo indescrivibile che le forze della natura mettono in scena tanto chiaramente in questi luoghi? Per anni ho pensato al mare o ai posti caldi, tropicali, come alla culla della vita. Pero’ e’ in angoli come questi che ti accorgi del suo fluire. La vedi che scorga dal ghiaccio, la vita. Ti scorre sotto agli occhi in forma di acqua che bevi. Vedi la MONTAGNA stessa che vive. Si trasforma in terra portata a valle dal ghiaccio e dall’acqua. Guardi dall’alto di una brulla parete scoscesa, solo pietra e sabbia, e vedi il nastro bianco che si precipita giu’ dal ghiacciaio, stretto e impetuoso prima, poi sempre piu’ largo e calmo, fino a perdersi nel lago, mentre intorno, gradualmente, il sedimento grigio si va coprendo di vegetazione sempre piu’ fitta. E’ tutto qui, sotto ai tuoi occhi. Nel giro di pochi chilometri vedi all’opera le forze che con il tempo hanno forgiato molti dei posti in cui viviamo. Qui davvero percepisci che LA TERRA e’ viva, si muove, si trasforma, palpita e non ti meravigli se a volte si da una scrollatina per togliersi di torno gli infestanti insetti umani che si ostinano ad infilarsi ed installarsi per ogni dove. E’ questo che siamo qui nel parco, tante piccole formichine che vanno su e giu’ per sentieri ben segnati, nell’illusione di stare vivendo un’avventura che non puo’ neanche lontanamente avvicinarsi a quella di chi, per primo, ha davvero esplorato questi posti e ne ha sfidato il vento. Beh, questa piccola formichina, sprovvista di bussola e senso dell’orientamento, gli e’ MOLTO GRATA, perche’ e’ un’illusione in cui sente proprio felice.

FUORI DAL TEMPIO

Qualcuno di voi mi ha chiesto quand’e’ che scrivo. La verita’ e’ che di solito lo faccio direttamente al computer, butto giu’ le idee piu’ o meno come mi vengono, non prendo appunti durante il viaggio (la mia moleskine e’ adibita ad usi piu’ prosaici, come annotare spese, indirizzi, orari di bus, non me ne vogliano Hemingway e Chatwin!). Pero’ questo l’ho scritto, pur sempre di getto, seduta davanti alla mia tenda con vista sul lago, in un raro momento di calma di vento (sì, e’ capitato e anche qui gia’ si parla di stagioni impazzite), dopo aver cenato, in attesa che tramontasse il sole. Sapevo che era un attimo non replicabile quando fossi stata seduta in un cyber cafe’ davanti ad un freddo monitor. La calma sembrava irreale, il mondo sembrava perfetto, uno dei miei brani preferiti suonava di sottofondo, davanti allo scenario ideale per il quale sempre lo avevo immaginato composto (The First of Fifth, dei Genesis, volevo allegare l’MP3 per i piu’ giovani che non lo conoscono, ma pesa troppo). Contrariamente ad altre occasioni, ero contenta di essere da sola, nell’egocentrica illusione che tutto quello fosse lì per me, in quel momento. Adesso sono in un ANGUSTO locutorio di Puerto Varas, amena localita’ turistica vicino Puerto Montt, a due ore circa di volo a nord del “Tempio” del Paine, in attesa di prendere il bis che mi portera’ di nuovo in Argentina, domani. L’adolescente nella postazione accanto a me e’ impegnato in un videogioco che gli fa scuotere il tavolo come un dannato, di sottofondo gracchia una non identificata musica rockeggiante locale. E’ facile trovare la pace in un tempio. Il difficile e’ riuscire a portarla fuori con se’!

<<Articolo precedente

Articolo successivo >>

Valid XHTML 1.0 Transitional