Terra in vista?

E’ strano come in una sera di luna che illumina il profilo delle montagne poco distanti, mentre mi godo l’odore dell’erba tagliata di fresco, con il sottofondo sonoro del torrente che scorre poco più in là  e l’accompagnamento dei grilli, mi assalga una prepotente nostalgia delle notti solitarie al timone durante la traversata del Mar dei Coralli, quando odori, suoni, colori e persino il cielo stellato erano completamente diversi da qui.
Riflettendoci un po’, però, capisco quale sia il collegamento emotivo che ha provocato la nostalgia di un tempo e un luogo così differenti e lontani: la sensazione di sospensione che mi avvolgeva durante le lunghe traversate assomiglia molto a quella provocata dall’isolamento imposto dal contagio. Il ritmo a bordo scandito intorno alle necessità fondamentali dei pasti, della veglia e del sonno e dei turni al timone, gli spazi vuoti riempiti dagli immancabili lavori di manutenzione, lettura e contemplazione della vastità oceanica. Anche il carteggio ridotto all’osso: si fa il punto una volta al giorno per verificare l’avanzamento nelle 24 ore.
Mi ricordo che quando avvistammo la costa australiana ero combattuta tra la gioia di aver raggiunto la meta ed il desiderio di restare ancora in mare aperto, in quella bolla magica di essenzialità. Non avevo poi tutti i torti, visti i numerosi affanni della navigazione sotto costa, la corrente contraria, gli scogli affioranti, gli ancoraggi, gli ormeggi, complicati dal ciclo delle imponenti maree, e poi i regolamenti, la burocrazia.
La sensazione che ho adesso, alla vigilia della fase 2, non è molto differente. Vedo la costa, sono contenta, ma non sono sicura che sarà più facile del mare aperto.

Rime di mare

L’avventura Australiana si è conclusa da due mesi. Il prossimo viaggio è ancora una vaga nebulosa nell’universo delle possibilità. Intanto Claudio mi ricorda che anche ad Andromeda ho dedicato una delle mie solite filastrocche. Mi pare giusto pubblicarla qui. Per quel che vale…

Se ami il mare e, al soffio del vento,
volare sull’acqua col cuore contento,
lascia che il sogno ti prenda la mano
e fatti portare da un catamarano.

E’ un mondo speciale quel che si cela
su un camper che viaggia sospinto da vela.
Non e’ una vacanza o una semplice gita,
ma un’esperienza che cambia la vita.

Ci vuole passione, piu’ che coraggio
per entrar a far parte dell’equipaggio.
Ti do un consiglio, se ne hai bisogno:
sali su Andromeda, realizza il tuo sogno.

Non serve esperienza e gia’ puo’ bastare
che tu non soffra di mal di mare.
E’ vita semplice, se vuoi, spartana,
bella, appagante, e’ vita sana.

Fa un pezzettino di giro del mondo
insieme allo skipper che e’ gia’ al suo secondo.
Se non porti amici li trovi qui a bordo,
e la citta’ sara’ solo un ricordo.

C’e’ un rischio grave, non  serve negare,
ed e’ che farai, poi, fatica a sbarcare!

GENTE DI BARCA

Altra fortuna: oltre alle zanzare e ai moschini, il cantiere e’ popolato da gente simpatica e disponibile e si respira la consueta atmosfera di solidarieta’ tra barcaroli che e’ una componente imprescindibile di questo tipo di vita. Incontriamo una vecchia conoscenza di Claudio, un polacco che aveva incrociato la prima volta a Panama e poi non so piu’in quale altra parte del mondo. Non e’ il primo incontro di questo tipo, il mondo e’ grande, ma quello dei velisti giramondo alla fine sembra piccolissimo, si conoscono quasi tutti e prima o poi si reincontrano. Casimiro, il polacco, sta riparandosi il catamarano (autocostruito) dopo che un cargo gli e’ finito addosso. Vive a bordo con figlia e figlio e non smette di elargire consigli e fornirci materiali e mano d’opera. Poi ci sono Tess e suo marito, coppia di australiani che stanno rimettendo a posto pezzo per pezzo un vecchio catamarano, ci prestano gentilmente una bici per i nostri giretti. Quando chiediamo dove possiamo procurarci dei particolari elettrodi che Alessandro ci aveva chiesto, quelli del cantiere in cui stanno costruendo enormi cisterne di acciaio ce li regalano. Non voglio dire che le cose vadano sempre cosi’, ma raramente abbiamo incontrato persone meno che ben disposte e solo in un caso qualcuno che tirava a fregarci. Quando, al ritorno dal mio primo viaggio con Andromeda, dichiaravo ai quattro venti di essere pronta ad andare a vivere in barca, qualcuno mi ha chiesto cosa ci trovavo di tanto attraente e diverso. La prima risposta riguardava proprio la differenza nell’approccio con la gente. E’ un discorso che ho gia’ fatto in altra occasione, parlando di canoisti o di backpackers e forse non e’un caso che si ripresenti qui. Sara’ semplice “solidarietá” di categoria, ma e’ un fatto che capita solo con alcune categorie di persone… Quando vivi sulla tua pelle quanto e’ importante l’aiuto di qualcuno, sei piu’ propenso a darlo e, mi viene da aggiungere, anche a chiederlo (la seconda per me a volte piu’ difficile della prima!).

A proposito di comportamenti: abbiamo piu’ volte constatato che in un posto con solo due barche, INEVITABILMENTE si finisce col fare la conoscenza del vicino, e che piu’ il numero di imbarcazioni aumenta e meno si tende a fraternizzare. Non di rado in una baia con decine di barche, si resta anche per qualche giorno senza scambiare piu’che un vago cenno di saluto. Mi capitava lo stesso quando montavo la tenda in un posto semideserto invece che in un accampamento affollato. Che strani questi umani!