Ciao capitano

In ricordo di un compagno di tante avventure, oceaniche e non, che descrivevo così: Il Capitano.

Buon vento, Claudio

Terra in vista?

E’ strano come in una sera di luna che illumina il profilo delle montagne poco distanti, mentre mi godo l’odore dell’erba tagliata di fresco, con il sottofondo sonoro del torrente che scorre poco più in là  e l’accompagnamento dei grilli, mi assalga una prepotente nostalgia delle notti solitarie al timone durante la traversata del Mar dei Coralli, quando odori, suoni, colori e persino il cielo stellato erano completamente diversi da qui.
Riflettendoci un po’, però, capisco quale sia il collegamento emotivo che ha provocato la nostalgia di un tempo e un luogo così differenti e lontani: la sensazione di sospensione che mi avvolgeva durante le lunghe traversate assomiglia molto a quella provocata dall’isolamento imposto dal contagio. Il ritmo a bordo scandito intorno alle necessità fondamentali dei pasti, della veglia e del sonno e dei turni al timone, gli spazi vuoti riempiti dagli immancabili lavori di manutenzione, lettura e contemplazione della vastità oceanica. Anche il carteggio ridotto all’osso: si fa il punto una volta al giorno per verificare l’avanzamento nelle 24 ore.
Mi ricordo che quando avvistammo la costa australiana ero combattuta tra la gioia di aver raggiunto la meta ed il desiderio di restare ancora in mare aperto, in quella bolla magica di essenzialità. Non avevo poi tutti i torti, visti i numerosi affanni della navigazione sotto costa, la corrente contraria, gli scogli affioranti, gli ancoraggi, gli ormeggi, complicati dal ciclo delle imponenti maree, e poi i regolamenti, la burocrazia.
La sensazione che ho adesso, alla vigilia della fase 2, non è molto differente. Vedo la costa, sono contenta, ma non sono sicura che sarà più facile del mare aperto.

Diario di bordo

foto di diario

Succedeva sempre anche in navigazione o durante i lunghi trekking: quando i giorni si susseguivano privi di eventi significativi, rimandavo l’aggiornamento del diario. Tanto avevo tempo.

Poi capitava qualcosa degno di nota che mi costringeva a riprendere in mano il diario, e mi sentivo obbligata a farlo anche in modo retroattivo, per cui cominciava la trafila delle domande: quando abbiamo fatto quella cosa, quando è capitata l’altra? Per qualche motivo a quel punto mi diventava INSOPPORTABILE non saper più collocare temporalmente anche eventi irrilevanti. Ricostruita a fatica una cronologia di massima, mi riproponevo OGNI VOLTA di non trascurare mai più l’aggiornamento e regolarmente non mantenevo il proposito.

Mi è capitato di nuovo oggi. Avevo pensato sin dall’inizio di cominciare a tenere un breve diario di questo periodo di isolamento che, temo, sarà più lungo di quanto immaginiamo. Rimanda, rimanda, ora faccio fatica a ricostruire più indietro di qualche giorno. Mi aiuto con i messaggi whatsapp, le foto, per quel che serve, i file creati per lavoro.

Ora capisco perché nei film si vedono spesso i reclusi in isolamento tenere uno spasmodico conto dei giorni! Avete visto Una notte lunga 12 anni?
Io sì, e penso che se non è impazzito Pepe Mujica, possiamo farcela anche noi.
State bene, state in casa per quel che potete, e scrivete, aiuta davvero!