ACQUE PROTETTE?

L’ho scritto apposta, ACQUE PROTETTE, perche’ volevo raccontarvi quanto segue, a dimostrazione che in barca non bisogna mai allentare la guardia.

26 Gennaio. Siamo alla fonda a Blackwattle Bay dal nostro ritorno a Sydney, in attesa che arrivi il tanto agognato Genoa ordinato da Claudio. L’Andromeda e’ gia’ stato qui a lungo nel periodo precedente al mio arrivo. Ci sono altre barche, il posto e’ riparato praticamente da ogni lato, essendo un’insenatura molto rientrante all’interno di Port Jackson, in pieno centro citta’ vicino all’Anzac Bridge.

Anzac Bridge

Anzac Bridge dall'Andromeda

E’ una bella giornata di sole, forse anche troppo calda, poco o niente vento. Scendiamo tutti a terra per giri e commissioni varie, lasciando il battellino al Fish Market, piu’ lontano dal catamarano rispetto all’altra sponda, ma piu’ vicino al centro. Gli accordi sono i soliti: se ci si separa, il primo che arriva prendera’ il battellino per tornare in barca e gli altri dovranno fare il giro della baia fino alla sponda piu’ vicina alla barca, in modo che basti fare un fischio da terra per farsi venire a prendere, a poche decine di metri di distanza.

Fa un caldo torrido e andiamo a goderci un po’ di fresco, si fa per dire, ai giardini botanici. Sulla strada del ritorno improvvisamente si alza un vento a raffiche violente che mette sul chi vive Claudio. “Terra’ l’ancora? Cavoli, avrei dovuto calare anche la seconda!” Cerco di tranquillizzarlo, il posto e’ ben ridossato, qui il vento si incanala tra i grattacieli e sembra piu’ forte…Niente da fare; ormai il campanello di allarme e’ scattato nel collaudato sistema di autodifesa dello skipper di lungo corso: il passo si fa sempre piu’ veloce, finche’ non diventa una corsa FORSENNATA, slalomando fra la gente, bruciando semafori pedonali, fino ad arrivare all’ormeggio del battellino, che non e’ piu’ li’. OTTIMO, allora qualcuno e’ gia’ rientrato. Un’occhiata all’Andromeda per conferma… ma il catamarano NON C’E’ PIU’!!!

Panico. Ci precipitiamo con una corsa a perdifiato dall’altra parte della baia, mentre le raffiche diventano sempre piu’ forti e continue. Spiando tra un palazzo e l’altro Claudio riesce infine ad individuare l’Andromeda che ora e’ al centro della baia, proprio in mezzo all’arcata del ponte di Anzac, pericolosamente vicino al muro di la’ dal ponte.

Non riusciamo a capire se stia ancora muovendosi. Arrivati sul pontiletto cerchiamo di attirare l’attenzione di J. Philippe che vediamo mentre sta armeggiando con l’ancora, visibilmente in difficolta’. Non si capisce se abbia anche acceso i motori o meno. Vicino a noi sono ormeggiate alcune barche e proviamo a chiedere un passaggio con il loro dinghy, ma e’ inutile, il vento e’ ormai troppo forte. Comunicando a gesti capiamo che nessuno si azzarda a mettersi in mare, in piu’ ora inizia anche a piovere.

Finalmente J. Philippe ci scorge e viene a prenderci, vincendo a fatica la resistenza del vento che ormai spara raffiche anche di 40 NODI. Arrivati a bordo J.P. ci spiega nel suo inglese francesizzato, ora molto concitato, come sono andate le cose: in realta’ ci ha preceduto a bordo solo di pochi minuti ed anche lui e’ rimasto spiazzato quando, arrivando con il battellino, non ha trovato l’Andromeda al suo posto. Lo ha visto in mezzo alla baia e sul momento ha pensato che fosse tornato Claudio a spostarlo, ma la cosa era improbabile non essendoci nessuno a bordo. Arrivato sul catamarano si e’ reso conto che qualcuno in effetti avevo gettato una seconda ancora, che pero’ ancora sembrava non tenere, cosi’ si e’ precipitato a dare fondo con la terza. A quel punto siamo arrivati noi.

Scopriremo solo poi che i nostri vicini di barca, vedendo l’Andromeda andarsene alla deriva con il rischio di finire contro il muraglione sottovento, erano saliti a bordo dando fondo con una seconda ancora che avevano di scorta. Sul momento pero’ non c’e’ tempo per approfondire la dinamica dell’accaduto. Il vento continua a soffiare impietoso e non possiamo certo restare a lungo in MEZZO AL PASSAGGIO sotto l’aracata centrale del ponte. Le condizioni sono tali che il recupero delle tre ancore diventa proibitivo. Facciamo vari tentativi e siamo costretti a rinunciare ogni volta, in attesa di qualche momento di maggiore calma. Sotto le sferzate di acqua e vento la manovra e’ molto ardua. Per fortuna lo capisce anche la polizia marittima che si e’ accostata per dirci che li’ NON POSSIAMO RESTARE e ci chiede se ce ne stiamo andando. Bella domanda! Secondo loro perche’ staremmo qui a tribolare cercando di recupare metri e metri di catena che non ne vuol sapere di venire su?

Andromeda sotto l'Anzac Bridge

In salvo, ma per poco!!!

Per fortuna, in un breve calo di vento riusciamo finalmente a liberarci. Due delle ancore oltre ad essere incrociate, si erano impigliate su un cavo sul fondo, il che ha reso il recupero allucinante, ma probabilmente e’ stato cio’ che ha impedito che continuassero ad arare il fondale ed ha SALVATO l’Andromeda.

Piu’ tardi, dopo esserci rinfrancati con un te’ caldo, a raffiche cessate, facciamo il giro di ringraziamento dei nostri angeli custodi che non nascondo di aspettarsi almeno una birretta di ricompensa e restano piacevolmente sopresi alla nostra promessa di un INTERO CARTONE di birre! Non oggi pero’, oramai e’ tardi e poi domani avranno con che brindare all’Australian Day, festa suprema a cui la citta’ di va preparando da giorni. Questa volta avremo anche noi qualcosa da festeggiare!

A magra consolazione, aggiungo che non siamo stati i soli ad avere problemi. L’allerta di vento forte e’ stato emesso poco prima che arrivasse e il posto era ritenuto da tutti ben protetto. D’ora in poi si torna ad attenersi alla regola di base di lasciare sempre qualcuno a bordo o, non potendo, di dare fondo con due ancore. Non e’ certo una novita’, ma si e’ visto che le eccezioni possono pagarsi care. Mi ricorda la storia di “qualcuna” che si sentiva abbastanza sicuro da usare i ramponi senza picozza… In entrambi i casi si e’ risolto tutto con un grande spavento e la lezione e’ servita.

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